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Era una città
fatta di mattoni rossi, o meglio di mattoni che sarebbero stati rossi se
il fumo e la cenere lo avessero permesso; ma per come stavano le cose, era
una città innaturalmente rossa e nera, come il volto dipinto di un
selvaggio.
Era una città di macchinari e lunghe ciminiere, dalle quali strisciavano
perennemente interminabili serpenti di fumo che non si srotolavano mai.
C'era un canale nero e un fiume che scorreva, arrossato di tinture maleodoranti,
e c'erano enormi blocchi di costruzioni piene di finestre in cui si sentiva
tutto il giorno un tintinnio tremolante e in cui il pistone della macchina
a vapore andava su e giù con monotonia, come la testa d'un elefante
colto da pazzia malinconica.
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La città aveva molte grandi strade tutte uguali l'una all'altra,
e molte piccole strade ancora più uguali l'una all'altra, abitate
da persone tutte uguali l'una all'altra che uscivano ed entravano tutte
alla stessa ora, facendo lo stesso rumore sugli stessi marciapiedi, che
avevano tutte lo stesso lavoro e per le quali ogni giorno era uguale al
giorno precedente e a quello futuro, e ogni anno era la copia dell'anno
passato e di quello ancora di là da venire.
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