All'epoca ero un bimbetto di appena cinque anni; possedevo una bici senza freni, di colore rosso e con i cerchi in legno, con la quale scorrazzavo, libero come mai, per le strade del villaggio e della vicina campagna.

Al suono della sirena, per me era gioia grande, quando mia madre me lo permetteva, recarmi al cancello d'ingresso della fabbrica ed attendere che mio padre, terminato il turno di lavoro, uscisse con gli altri operai.

Gia a distanza lo scorgevo tra tutti; alto robusto, con la tuta blu sporca d'olio e di grasso; nel vedermi, un sorriso radioso gl'illuminava il viso, tanto che gli occhi si stringevano sino a divenire delle strette fessure.

Prendeva la mia piccola mano tra le sue dita callose, ed allegramente ritornavamo a casa. Man mano che m'avvicino alla tonda piazzetta, i miei ricordi si fanno più vivi.

Come fosse ora, rivedo:

il "Colosseo", le "Torri"; lo spaccio, la scuola; le animate discussioni degli operai al circolo; le donne sedute ai bordi della strada in attesa che i loro uomini smontassero dal lavoro; i bambini che, chiassosi, scorrazzavano ovunque; la notte e gli irreali contorni dalla lampade a luci gialle; il telone innalzato nella piazza per il cinema all'aperto; i viali in terra battuta, perfettamente rullati; le siepi curate; l'intenso profumo dei pini e l'acre odore dell'acqua sulfurea e poi i micidiali residui bellici lasciati dagli alleati; il profilo di Garibaldi disegnato sull'asfalto; la disoccupazione; l'addio degli amici, e poi …… ancora tanti ricordi, alcuni belli ed altri amari.


M. Tisselli "Sui passi della Castellina"